Un paio di settimane fa, come devote pellegrine, io, le sorelle, la cara Francesca e Paola siamo state a Villafranca per condividere, in uno scenario magico, qualcosa di davvero speciale.
Sono giorni che penso al modo migliore di scrivere questo post senza creare l’impressione di essere una povera fangirl assatanata. Ma sapete cosa ho pensato alla fine? Ma chissene frega! La verità è che non è facile trovare cose nella vita che ci rendano totalmente felici e che suscitino in noi un amore incondizionato. E allora tanto vale condividerle senza alcun ritegno.
E’ il lontano 2004 (oddio!) e passando per una stanza con la televisione accesa mi incaglio su un video trasmesso da MTV. E’ un video in bianco e nero e un ometto alla chitarra canta con gli occhi chiusi duettando con una ragazza dalla voce dolce, mentre un’altra ragazza li accompagna al violoncello (il super potere del violoncello è devastante). E’ Damien Rice ed è pronto a cambiare la mia idea di musica per sempre. Per quanto assurdo che sia, è uno di quegli istanti congelati nella mia mente che resteranno lì fermi fino a quando schianto… così come lo stupore al primo ascolto del suo album O, una roba che mai mi ero sognata potesse esistere. Via, ascoltavo i Boyzone… cosa ci si poteva aspettare? La sua musica ha una sincerità e una densità di emozione che sono diventate per me parametro per ogni altra cosa. Può cantare come in una sommessa preghiera e il momento dopo urlare come se volesse prendere a calci tutto. Un’amica una volta ha detto che la voce di Damien è l’unica che riesce ad arrivarle diritta allo stomaco e a strizzarle le budella. Vero.
Una delle cose da sapere su Damien Rice è che è un egocentrico, ma uso la parola nel senso pieno. E poi Damien Rice fa quello che vuole. Una delle poche volte che è stato costretto ad andare contro al suo sentire ha sfornato un album che gli è costato lo smantellamento della sua fedele band, la perdita di Lisa Hannigan e un lunghissimo periodo di profonda infelicità che per noi fan è corrisposto ad un silenzio quasi totale di otto anni. Essere fan di quest’uomo è lavoro duro.
Ha sempre cercato la sincerità a tutti i costi, nella sua musica, nella sua vita, nei rapporti con i fan, fino al punto a volte di risultare antipatico. Poco interessato alla fama, rifiuta foto e di firmare autografi ed è famoso per aver fatto qualche scenata a fan troppo indisciplinati che applaudivano al momento sbagliato o scattavano troppe foto. Gli ho visto fare concerti arrabbiatissimi dove non ha pronunciato una sola parola tra una canzone e l’altra e concerti scanzonati dove sembrava che fosse lui a divertirsi più di tutti, questo perchè convinto di dover sempre suonare immerso nell’emozione del momento. Se era di malumore, di malumore sarebbe stato anche sul palco. Ma la musica arrabbiata di quei concerti è una delle più belle che gli ho sentito suonare. Prendere o lasciare. Per questo c’è chi lo ama alla follia e chi lo odia ritenendolo un depresso, pallone gonfiato.
C’è un altro momento congelato nel mio cervello. Che risale a quello che noi fan chiamiamo il vacation tour dove Damien si pagava le vacanze in Italia e la burrata con una manciata di concerti (o così ci piace dire). Eravamo a Grado e dopo un concerto di più di due ore affacciato sul mare, Damien si era concesso ai fan rimasti ad aspettarlo in un tranquillo aftershow, suonato stando seduto a terra e chiacchierando tranquillamente con una sigaretta in bocca. Non ricordo tanto le canzoni, e nemmeno gli interventi poco opportuni di un fan un po’ troppo esaltato, ma ricordo il suo parlare calmo mentre spiegava perché non gli piaceva che i fan filmassero si suoi concerti, ma anche come alla fine ci fosse venuto a patti. Se ci ripenso ora ho la netta sicurezza che se in quel momento si fosse alzato e avesse detto “seguitemi” lo avrei fatto come i topi con il pifferaio magico. Non gli potevo neanche vedere bene la faccia con quel buio, ma ricordo la pacatezza della sua voce, il pensiero attento dietro ogni parola. Magari lo dico da fan innamorata o più probabilmente da persona comune che ha trovato un individuo in grado di ispirarla davvero.
Ha fatto tanta strada da quando l’ho “conosciuto”. E’ sempre lo stesso egocentrico (non farebbe musica così bella altrimenti) ma è più vecchio e più dolce. Canta ancora tutta la sua rabbia ma in essa c’è sempre una piccola luce. Ed è generoso. Ci vuole generosità per fermarsi altre 5 ore dopo un concerto, vagando per Taormina con una manciata di fan e continuando a cantare fino allo spuntare del sole. Ci ama un po’, ama l’Italia, tanto che credo che negli ultimi 10 anni abbia suonato più qui da noi che a casa sua. Ed è bello ai concerti sentire quell’amore che va e viene. Sentire tutto il pubblico che insieme trattiene il fiato tra le note limpide di una canzone. O che si raccoglie sotto il palco e unito canta con lui un’ultima canzone, mentre le emozioni rimbalzano ovunque e la comunione è palpabile nella semplice gioia condivisa.
Quel che resta alla fine è tanta gratitudine. Per le emozioni regalate e per quella completa felicità che ti prende quando una nota ti vibra brillante nel petto e tutto si raccoglie in quel momento.
Lalla
PS: devo ringraziare infinitamente le bravissime Carol Alabrese e Isabella Latini che mi hanno gentilmente prestato le loro bellissime foto del concerto di Villafranca. Foto che sanno restituire tutta l’emozione di quei momenti. Vi consiglio di guardarvi le loro bellissime gallerie! E alla Fran che è riuscita ad immortalare la bellezza e la magia del cielo prima del concerto.
PPS: se siete rimasti acciecati da arcobaleni o uno o più cuori rimbalzati fuori da questo post, me ne prendo la piena responsabilità.
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