Chi come noi è giusto un filo filo FANATICO di serie TV, è di recente stato testimone di una svolta epocale nella sua esistenza e cioè dello sbarco in Italia di Netflix. Che cos’è Netflix? E’ il servizio di streaming online che negli Stati Uniti ha rivoluzionato la fruizione di serie TV e degli show televisivi, ma in pratica è la morte di ogni interazione umana nella celebrazione della smodata maratona televisiva. Non c’è neanche bisogno di selezionare il prossimo episodio di un telefilm, lei ve lo fa partire automaticamente, voi dovete solo accettare la morbidezza del divano e rassegnarvi alla gioia di 12 ore ininterrotte del vostro telefilm preferito (dico 12 perchè ogni tanto bisognerà pur mangiare).
Ma non è di un telefilm che voglio parlarvi (mi scappa solo un urlo “SENSE8!!!”) ma di una piccola serie di documentari dedicata ad alcuni degli chef più bravi del mondo chiamata Chef’s Table. E neanche a farlo apposta il primo episodio è dedicato al nostro Massimo Bottura.
Un’altra cosa di cui siamo fanatiche qui è appunto il cibo: il cibo come pura gioia della vita. Fa un po’ ridere, ma qui in casa Pemberley di tutti i viaggi fatti insieme ricordiamo solo ed esclusivamente quello che abbiamo mangiato. Posti, cose, genti? Perse nella nebbia, ma i menù dei ristoranti, quelli sì, scolpiti a fuoco nel cervello. Ci sono le Lacrime di cioccolato mangiate a Colmar quando avevamo poco meno di 10 anni, il polletto alla birra mangiato nel paese delle streghe su una terrazza bellissima con gli amici più cari, la pasta alle verdure a Gubbio, le fettuccine paglia e fieno durante un viaggio eterno di ritorno dalla Sicilia in non so quale microscopico paese della Puglia, un coniglio alla cacciatora (che secondo me doveva essere orrendo) all’Autogril con il mio babbo in uno dei pochissimi viaggi che abbiamo fatto solo io e lui.
Il bello è che il nostro interesse per la cucina e i cuochi è andato notevolmente peggiorando da quando la nostra sorellina Susanna è diventata pasticcera e si è trovata un fidanzato che è un cuoco professionista bravissimo. Insomma ormai qui pratichiamo la cucina ad un livello superiore, anche se noi due, più che altro, la consumiamo ad un livello superiore. Fatto sta che avendo un vero cuoco sotto mano, una delle pratiche serali preferite è diventata quella dell’hate watching (si guarda un programma solo per tirare i pop corn contro lo schermo e strillare BUUUUHH tutto il tempo) dei programmi di cucina che ormai sono diventati quasi più appestanti delle partite di calcio e nel moltiplicarsi hanno anche notevolmente perso di qualità. Offenderebbe le vostre orecchie delicate sapere cosa un cuoco professionista pensa di programmi tipo l’osannatissimo Masterchef. A questo trattamento violento si è però sottratta proprio questa serie di documentari di cui voglio parlarvi che per cura e bellezza ha sorpreso tutti noi.
Okay, fissare quei piatti strepitosi è per noi quasi pari all’estasi mistica, ma sono sicura che questi documentari potrebbero piacere a chiunque, anche ai non mangioni. Prima di tutto i protagonisti sono degli entusiasti, anzi, alcuni dei veri e propri fanatici. La loro vita è il loro lavoro e ci si dedicano con una devozione quasi religiosa. E’ vero, si tratta di cucina e cibo, ma sentendoli parlare si va subito oltre e si scopre che la loro è una vera e propria missione. Si può cambiare il mondo con dei semplici piatti? Dan Barber per esempio ne è convinto e ci prova. Mette al di sopra di tutto gli ingredienti e la loro qualità, ma non si limita a questo, lui stesso si dedica a produrli e per farlo nel modo migliore, studia e si interroga e più a fondo va, più il suo lavoro si intreccia con la natura e le persone e il modo di vivere e di rispettare un equilibrio. Ascoltando questi professionisti non si può fare a meno di sentisrsi ispirati. Di volere noi stessi andare oltre il semplice fare le cose, ma di cercarvi un valore più profondo.
E poi come documentari sono artisticamente e stilisticamente strepitosi. Senza contare che per i piccoli “imprenditori” come noi c’è tanto da imparare su come raccontarsi agli altri. Bottura potrebbe tranquillamente fare un corso di branding e storytelling.
Insomma, noi ve li consigliamo caldamente. Siamo sicure che anche voi non vedete l’ora di commuovervi per un po’ di riso cacio e pepe o per qualche broccolo trasfigurato dall’arte culinaria!
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